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Guerra Semifredda

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Da qualche mese (al momento in cui scrivo) stiamo assistendo alla calata della nuova cortina di ferro sui Paesi sotto influenza politica Russa, anzi mezza. La crisi energetica ucraina, che da un paio d’anni, tra contenziosi, ritorsioni e accuse, mette in forse la gran parte dei rifornimenti all’Europa ci ha dato un assaggio della pietanza che avremmo gustato subito dopo, facendoci capire abbastanza facilmente come la Grande Madre Russia non fosse più malata e sul letto di morte, ma bensì sana, vispa e pronta a tirar ceffoni a chi la dava per spacciata.

Yuschenko sorride a Vladimir Putin, che poco tempo prima ha tentato di ucciderlo.

Yuschenko sorride a Vladimir Putin, che poco tempo prima ha tentato di ucciderlo.

Così dall’interruzione delle forniture di gas, precedute bisogna dire dal tentativo di assassinio di Viktor Andriyovych Yushchenko, al paese baltico ha messo sull’attenti molti governi, che hanno cominciato a recepire un pericolo, o quantomeno una minaccia, alle mire espansionistice dell’Europa verso Est, che ha rallentato, al di là delle questioni etiche e religiose, a una brusca interruzione del processo di adesione della Turchia nei confini europei, per evitare che un piede in oriente potesse dar fastidio allo Zar Putin.

L’invasione della Georgia da parte dei tank russi, preceduti da bombardamento della capitale Tblisi e di importanti avamposti, ha segnato un punto di svolta fondamentale che va al di là della crisi attuale e certifica il risorgimento del nuovo Impero Russo, che non accetta più di essere tenuto al guinzaglio con i missili in Polonia, anche se ben pasciuto dalla carne dagli investimenti occidentali, i quali cominciano ad essere superflui vista la crescente produzione di materie prime, prodotti energetici e l’instaurazione di industrie di ogni genere.
Ascoltando miei amici da entrambe le parti si hanno versioni contrastanti sulla vicenda: Tamara, amica georgiana conosciuta da bambino a Palermo, rifugiata durante la prima guerra (nella quale perse il padre e la sorella rimase gravemente ferita), parla di una invasione russa piana e non provocata, in risposta alle voglie indipendentiste del presidente Sakashvili; Anastasiya, ragazza russa di Sankt Petersburg che lavora in Lussemburgo per una società finanziaria del suo Paese, fieramente orgogliosa dell’acquisito status economico e delle possibilità avute, afferma con certezza la provocazione subita dalla Russia con l’invasione del territorio russo e l’attacco dei compatrioti da parte delle truppe Georgiane, allo scopo di far pulizia etnica.

Vladimir Vladimirovich Putin, nuovo Zar di tutte le Russie

Vladimir Vladimirovich Putin, nuovo Zar di tutte le Russie

Dove stia la verità tra queste due versioni è difficile dirlo, dato che in genere non ne esiste una sola, benché l’Europa se ne sia creata una propria per i propri (legittimi) interessi, supportando per lo più la ragione Georgiana, nella paura di una eventuale rivendicazione da parte della Russia di territori ex-sovietici, o con popolazione russofona, aderenti alla Comunità Europea (Lituania, Lettonia ed Estonia per iniziare). Questo segnerebbe un’ulteriore spostamento in avanti del confine, tracciato sulla sabbia della politica internazionale, da parte di Vladimir Putin e della nuova establishment post-eltsiniano, cosa che al momento non sembra molto improbabile, data l’escalation di tensione tra USA e Russia, durante la quale l’Europa da suo solito si limita a rimanere quale spettatrice neutrale.

Ma la degenerazione della crisi in vera e propria guerra non è tollerabile per i nuovi plutocrati russi, i quali non farebbero altro che perdere clienti e ritornare allo stato di miserie e povertà precedente alla perestroika: scorto oltre la rupe e visto il mare, è difficile tornare indietro verso le montagne brulle. Al riguardo mi viene in mente una frase da uno dei miei film preferiti (Thank You for Smoking), nel quale il protagonista, lobbista dell’industria del tabacco, obiettando alla morte imminente di un quattordicenne fumatore, fa notare: “Noi non abbiamo interesse a che questo ragazzino muoia: è il nostro cliente nella fascia di consumo ideale, con ottime prospettive”.

Per questo motivo l’avanzamento verso uno stato di crisi permanente non è una prospettiva in vista, data la natura di ogni organismo di autoconservarsi: creata la dipendenza vitale della Russia nei confronti dei clienti Europei, così come quella occidentale (e cinese ormai) dal petrolio arabo, perpetrare politiche imperialiste e isolazionistiche da parte russa sarebbe un vero suicidio, incomprensibile con la logica.

Georgian protesters against russian invasion

Georgian protesters against russian invasion

Allora perché la crisi in Georgia? L’accusa che Putin, per bocca del suo aiutante di campo Medvedev, ha fatto nei confronti del governo statunitense di essere responsabile della situazione, a suo dire per instillare nel popolo Americano la paura di una possibile guerra atomica, così da favorire il soldato McCain, in opposizione all’imboscato Obama, suona come l’accusa formulata dagli arabi agli ebrei di essere i mandanti oscuri dell’Undici Settembre, al fine di fomentare l’odio Americano contro i Paesi produttori di petrolio: semplicemente insensata.
La necessità per la Russia di imporre la propria egemonia su un territorio così vasto e fastagliato culturalmente, animato da mire separatistiche di ogni etnia, che in quella regione sfociano sovente in guerre, nonché la voglia di impadronirsi degli oleodotti georgiani e di avere uno sbocco nel Mar Nero, hanno portato infine le alte sfere moscovite a una mossa che sembra azzardata, ma che finisce per essere bilanciata in termini di costi/benefici.
Seguendo una logica puramente utilitaristica e analizzando il rapporto costi/benefici dell’invasione, infatti, qualche mese fa avevo predetto questo schema di cose, cercando di convincere Tamara dell’imminenza dello scenario suddetto: purtroppo non ho avuto torto.

Da cittadino europeo, con interessi economici in Europa, non posso che avvertire la paura, seppur moderata dalla consapevolezza che difficilmente sarò raggiunto (proprio grazie al mio status di cittadino europeo) dalle conseguenze di una eventuale Nuova Guerra Fredda, ma preoccupa la tendenza al restringimento delle libertà personali che seguiranno, nonché la costante pressione mediatica che scaturirà (e già scaturisce) dall’acquisizione di un nuovo nemico alle porte.

Written by Antonello Provenzano

4 settembre 2008 at 2:49 PM

Pubblicato su esteri

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