PoliticalIn

Uno sguardo personale alla Politica

Posts Tagged ‘televisione

Esegesi del Travaglio

leave a comment »

Il giornalista (per sua definizione) e opinionista Marco Travaglio

Il giornalista (per sua definizione) e opinionista Marco Travaglio

Ero un ragazzino liceale quando per la prima volta sentii parlare di Marco Travaglio, ormai navigato e celeberrimo opinionista televisivoe giornalista: come quasi tutti, conobbi il suo nome, quindi, al tempo in cui scrisse il libro Il profumo dei soldi, denunciando malversazioni compiute dall’allora neo-Presidente del Consiglio dei Ministri (oggi si direbbe semplicemente Primo Ministro) Berlusconi.

Nonostante tanta fama (o infamia, secondo alcuni), ho iniziato a conoscerlo mediaticamente sin dalle sue prime apparizioni nelle trasmissioni televisive del compare Santoro: inizialmente, bisogna che lo ammetta, il mio fegato s’ingrossava e la bile tracimava al sentire il suo eloquio così puntuto, arrogante e pretenzioso, al di là delle mie idee politiche.
Il Travaglio infatti porta nel nome il destino della sua persona: risulta davvero arduo restare ad ascoltarlo attaccare la propria parte o la parte avversa senza immaginarlo come il ragazzino saccente delle medie, che alza sempre la mano, fa sempre la spia e non fa copiare i compagni. E forse lo stesso è rimasto a quel tempo d’infantili sentimenti, ove niente assume tonalità variegate, ma si tinge di bianco e nero e pochi altri colori forti.

Con il tempo, però, e con la maturazione intelletuale che purtroppo ha assalito anche me, ho potuto apprezzare la tecnica del personaggio, il quale ripercorre quella demagogica in voga nei regimi totalitari e puramente ideologici (laddove l’ideologia non è un male, in quanto fulcro del ragionamento morale e legislativo di un sistema, essa risulta infatti deleteria ove unica fonte di diritto e regolamentazione), spesso autori di barbarie inumane e antistoriche.
Rivolgersi alla massa, brandendo forconi e invocando all’uccisione del mostro è sempre stato alamente suggestivo e pienamente redditizzio nei contesti poveri culturalmente et esasperati (vien da pensare alle persecuzioni di Praga o alla Caccia alle streghe di Salem).

Con l’ausilio di un’elaborazione mentale che virtualizza l’applicazione delle regole e delle razionalizzazioni di Marco Travaglio, ho immaginato di tornare al tempo in cui Mussolini arringava la folla dagli spalti o dalle colonne de’ Il Popolo d’Italia, prima, e Hitler fomentava i putsch degli anarchici a Monaco e Berlino.
Per quanto ardito il paragone possa sembrare, mettendo a confronto Travaglio con due capi nazionalisti che hanno fatto (nel male più che nel bene) la storia europea recente, questa non è affatto una forzatura, dati i toni e le argomentazioni populistiche e giacobine portate dal personaggio ad ogni trasmissione.

Lo chaperon di Travaglio, Michele Santoro insieme al suo protetto

Lo chaperon di Travaglio, Michele Santoro insieme al suo protetto

La politica è particolarmente improponibile di recente, benché nella storia nazionale non si hanno ricordi di un periodo in cui questa non lo sia stata: le sparate di Marco Travaglio su di essa, che vorrebbe ridicolizzare, sbeffeggiare e depotenziare, si prestano quindi più alla speculazione massimalista, che è il cuore delle trasmissioni di Santoro, maestro di casa del sensazionalismo politico ben retribuito (il quale nel momento di agire, ha preferito vendere il proprio seggio parlamentare europeo per il danaro della televisione, confrmando di essere solo un prezzolato ammaestratore di leoni senza denti).

 

Per quanto Popper ne ebbe a dir male, la televisione nella sua opera di divulgazione ha contribuito a far sì che un personaggio al pari di Travaglio potesse in alcun modo acquisire alcun potere reale, appalesando i difetti della persona, arrogante, supponente e saccente, che ancora traspira quel malodore di frustrazione e ambizione mai realizzata. Probabilmente, se il buon Adolfo Hitler fosse stato ogni settimana in televisione con qualche milione di persone ad ammirare i suoi sproloqui insensati, con quel filtro penetrate che la scatola parlante applica a ogni parlatore che contiene, la Germania avrebbe constatato come quell’ometto frustrato e arrabbiato fosse solo un venditore di facili ideali, così come il protagonista dell’articolo odierno.

Ho fatto mente locale alle volte per  ricondurre a un personaggio cinematografico il buon Travaglio, ma non sono riuscito a definirlo con nessuno di primo piano: Sibilla l’Indovina del film Network (di Sydney Lumet, in Italia tradotto in “Quarto Potere”) è ciò che più si avvicina alla caratterizzazione del personaggio.
(Nota per chi no conoscesse il film suddetto: Sibilla L’Indovina è un personaggio della storia praticamente inesistente, la quale viene nominata, ma mai ascoltata, quale esperta di giustizia nel contenitore televisivo del predicatore pazzo Howard Beal).

Written by Antonello Provenzano

5 marzo 2009 at 9:54 PM

Reale più della finzione

leave a comment »

Di solito cerco di scrivere degli articoli che non abbiano grande attinenza con il giorno corrente, cercando di dare un taglio generico a quello che scrivo, in maniera tale da poterlo rendere vero e verificabile a distanza di tempo dal momento dell’edizione. Oggi voglio fare uno strappo alla regola, venendo a presentarsi alcune condizioni alquanto rare.

John McCain e Barack Obama, candidati alla Presidenza degli Stati Uniti d'America

John McCain e Barack Obama, candidati alla Presidenza degli Stati Uniti d'America

Da americanista inerba, da giovane ebbi modo di cominciare a seguire una serie telvisiva particolare, che negli Stati Uniti ha avuto un successo enorme, passando quasi inosservata in Italia, seppellita alle 4 o alle 6 di mattina su Rete4 (ergo: gli ultimi degli ultimi, benché di recente rispolverato su FOX), che descrive in maniera dolciastra ma molto accattivante le giornate tipiche di un presidente degli Stati Uniti d’America (o POTUS): The West Wing.
Anche se tentato, non mi soffermerò a descriverne la trama, benché quasi a fatica reprimo la voglia di farlo, mettendovi a parte di quanto sia bello idealizzare la politica così: i punti salienti di questo articolo si svolgono nelle due stagioni finali della serie.

Dopo otto anni di onorato servizio liberal, Josiah “Jed” Bartlett è alla fine del secondo mandato e urge un nuovo presidente: campagne primarie democratiche e repubblicane si susseguono, con colpi di scena uno dopo l’altro, fino ad arrivare alla definizione (alla fine della sesta serie) dei due candidati.
La scelta cade a sorpresa su due candidati underdog per entrambi gli schieramenti: un ispano-americano, Matthew Vicente Santos, dal lato democratico, ex membro del Congresso, e Arnold Vinick, un senatore di lungo corso quasi in procinto di diventare ambasciatore presso l’ONU.

Alan Alda come Arnold Vinick

Arnold Vinick, candidato repubblicano alla Casa Bianca in "The West Wing"

I due infatti all’inizio della corsa non godevano dei favori dei loro rispettivi partiti: Santos in quanto giovane, inesperto e dal colore della pelle non-bianco, Vinick in quanto troppo anziano non conservatore (pro-choice, e molto indipendente), costretto a prendere un running mate molto bibliofilo e amico della destra ultra-cristiana.

La finzione della televisione alle volte sconvolge per la capacità di anticipare i tempi, ma in questo caso è davvero incredibile la coincidenza di personaggi, stili e caratteristiche che questo show (per motivi di audience, sia ben chiaro) è riuscito a prevedere anni prima degli accadimenti odierni: The West Wing infatti terminò [ahimé!] nel 2005, lasciando molti, me incluso, con un grande magone.
Temporalmente quindi non vi è nemmeno coincidentalmente alcun contatto con i fatti che hanno portato Barack Hussein Obama e John McCain a sfidarsi domani [4 Novembre 2008] per la presidenza degli Stati Uniti d’American, ma sembra quasi che stiano recitando il copione che Aaron Sorkin aveva già scritto anni fa, quando il senatore nero dell’Illinois era un neo-eletto quasi ignoto giovane rappresentante, e il vecchio senatore dell’Arizona era sul viale del tramonto, dopo essere stato sconfitto alle primarie del 2000 da George W. Bush Jr.

Jimmy Smits (Matt Santos in "The West Wing") insieme a Barack Obama

Bisogna anche dire che Eli Attie, uno degli autori principali (insieme a John Wells, autore anche di E. R.) di The West Wing, è amico del chief strategist di Obama: magari qualche imput comune sul personaggio era già stato costruito e testato.

Si dice di solito che anticipare il finale di una partita rende antipatica la persona e rovina la suspence dell’attesa, ma immagino che nel momento in cui molti di voi staranno leggendo questo articolo le elezioni saranno già state decise e staremo già giudicando gli effetti, per questo non mi faccio problemi a rivelare che nella serie televisiva il vincitore sarà il giovane e rampante senatore ispanico Santos, di misura sul buon senatore Vinick, il quale diventerà, nello spirito bipartisan dei liberal, Segretario di Stato nel gabinetto del primo.

Aaron Sorkin e Thomas Schlamme, due degli autori principali di "The West Wing"

Aaron Sorkin e Thomas Schlamme, due degli autori principali di

Personalmente mi auguro un esito differente da quello prospettato da Soorkin, Attie e Wells in The West Wing, in quanto Obama, a mio modo di vedere, non è altro se non un bel viso, una rock-star, un affascinatore, che nei momenti di crisi verrà scavalcato dal senso di inadeguatezza, cedendo a facili ideologie giovanili, che attualmente, specie dopo l’esplodere della crisi economica globale, risulterebbero un martello su un vetro. Staremo a vedere domani.

 

 

 

 

[Aggiornamento: come nel telefilm il candidato Matthew Vicente Santos, anche la sua versione reale Barack Hussein Obama ha vinto le elezioni, anche se con ampio margine, al contrario del primo. Purtroppo il telefilm The West Wing s’interromperà qualche episodio dopo, con il candidato sconfitto, Arnold Vinick, nominato Segretario di Stato, in pieno spirito bi-partisan: non si può dire cosa Santos abbia combinato nei suoi anni di presidenza, cosa che non aiuterà Obama, il quale non potrà prendere spunto dalla trama questa volta.]

Written by Antonello Provenzano

3 novembre 2008 at 6:31 am

15 minuti

leave a comment »

Andy Wahrol - La famosa frase che apriva la trasmissione su MTV

Andy Wahrol - La famosa frase che apriva la trasmissione su MTV

Prendo a prestito un titolo che Andrew “Andy” Wahrol, da par suo genio, ebbe a ideare per descrivere la futura, per il suo tempo, situazione nella quale ognuno di noi avrebbe avuto “15 minuti di fama”.
Il riferimento del grande artista, che considero insieme a Roy Lichtenstein il più grande artista del secolo scorso (non me ne vogliano i dissacranti Picasso, Dufy o Duschamp), però non rientra nel senso che tale espressione ha assunto per noi oggi.

Sebbene al tempo della nascita della televisione commerciale, scevra di imposizioni governative e censure, la realtà di tutti i giorni cominciava ad essere messa in scena, scimmiottando gli atteggiamenti umani, essa si risolveva a specchio della civiltà contemporanea, magari piena di edulcorazioni e arrotondamenti delle spigolatura della dura vita moderna.
Ad oggi tale concetto ha smesso di essere vero: è cosa ben nota e forse con queste righe rischio di annoiare qualcuno e perdere del tempo a pubblicarle.

Oggigiorno infatti la presenza costante del video, prima, o del social network poi (si pensi a Facebook, MySpace, Bebo, Hi5, etc.) fa sì che la nostra vita divenga pubblica e conosciuta da tutti, sotto la molteplicità di aspetti impensati fino a poco tempo prima e fuori da ogni controllo per lo più.
Nonostante la ricerca della privacy da parte di taluni, ormai sembra utopico potere immaginare l’esistenza di qualcuno senza concepirne a lato una presenza anche mediatica: alle volte provo tenerezza per quegli amici che disperatamente si affannano a fare in modo di non comparire di qui o di là da internet al semplice video amatoriale, data la costante presenza di macchine fotografiche (per lo più presenti nei cellulari ormai: che non si perda mai nemmeno un’occasione per riprendere un avvenimento a futura memoria!), videocamere digitali supertascabili e quant’altro, che ci immortalano per poi trasferirci sugli album online di Facebook.

Gabriele Paolini - Durante una invasione televisiva al TG2

Gabriele Paolini - Durante una invasione televisiva al TG2

Vi sono poi coloro i quali, e questa è la categoria più disgraziata del nostro tempo, si sentono definiti solo in funzione della loro apparizione in video nazionale, anche solo di sfuggita; anche solo per farsi considerare da tutti gli spettatori dei penosi esempi di essere umani (date le movenze primatiche che mettono in scena per farsi notare).
Vi sono molti contendenti il trono di questo ambito regno animale: restando in territorio italiano, si va dal Paolini al Cavallo Pazzo, giungendo sino a più miseri astanti dietro l’inviato speciale di turno che si vede disturbato e infastidito, poiché non sa se da un momento all’altro un distinto signore alle sue spalle solleverà un dito medio, mortificando il suo showinismo, visto il collegamento tagliato subito dopo.

E ancora vi sono le telecamere di decine di telegiornali, proliferati in maniera incontrollata, che oscenamente presentano i particolari di un omicidio, di un’aggressione o di un fatto di cronaca (arresti, linciaggi, incidenti, etc.), lanciandosi come iene su ogni carcassa, alimentando curiosa morbosità alla ricerca di un punto in più di share e una vittoria giornaliera che l’indomani sarà già vana.

Ciodetto, non voglio scadere nella retorica revanscista di coloro i quali sostengono che “una volta si stava meglio”, o che “la società moderna ha dimenticato i veri valori di un tempo”, ovvero ancora che “la televisione commerciale ha rovinato il nostro modo di vivere”: sono tutte affermazioni sentite più volte, da più fonti di più direzioni politico-culturali differenti, che mi sento di sottoscrivere personalmente, ma che non sono né giustificative, né risolutive della situazione attuale. In verità, come in ogni società degenerata nella storia, seguendo il modello erodoteo, una rivoluzione sociale spontanea riequilibra la situazione… fino alla prossima degenrazione quantomeno…

Written by Antonello Provenzano

14 ottobre 2008 at 11:41 am

Pubblicato su generale, società

Tagged with , , ,