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Occidente perduto

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nell'immaginario collettivo, il luogo simbolo del liberalismo

La corte suprema degli USA: nell'immaginario collettivo, il luogo simbolo del liberalismo

È curioso come certe faccende di entità storica non siano mai sotto gli occhi del pubblico, quando invece facezzie e piccole beghe risuonino negli altoparlanti delle televisioni o prendano tante colonne nei fogli dei giornali: si arriva a definire la mancanza di una massa critica, intesa nel senso filosofico e non fisico di tale definizione, capace di ragionare sugli avvenimenti correnti.
Mi piacerebbe pensare di apprtenere a quel gruppo ristretto di persone che comprendono e anticipano tendenze, avvenimenti e cambiamenti storici, ma la verità è che non posso che dirmi appartenente a quella massa acritica di cui sopra: avverto un cambiamento quando avviene; quantomeno però ne ho coscienza e tento di raccontarlo per quanto meglio mi è possibile.

Sarebbe parzialmente consolante potere dire che è storia di questi giorni (gennaio 2009) assistere a massacri, battaglie e guerre in Paesi lontani che non abbiamo mai visitato: purtroppo invece è cosa che avviene da decenni, a nostra coscienza, e da migliaia d’anni senza che ne avessimo conoscenza.
La guerra infuria e porta via con se vite umane, innocenti e meno innocenti: è sempre stato così nel mondo animale (e persino floreale alle volte…), al quale noi stessi uomini ci fregiamo d’appartenere: un giusnaturalista potrebbe arrivare a concepire la guerra come un fatto naturale e fisiologico della nostra razza.

Perché allora scrivere un articolo che spieghi delle ragioni di una guerra tra le tante che il mondo ha conosciuto nella sua miliardaria storia? In realtà, affrontando cinicamente la faccenda, si potrebbe anche evitare di farlo, archiviando l’avvenimento tra “i cambiamenti epocali” che ogni tanto avvengono nella storia umana e che portano alla distruzione di un sistema fino a quel punto dominante o egemone, rimpiazzato da un altro vincitore.
Nonostante il mio cinismo, però, ho intenzione di trattarne comunque, vista l’imminenza di questa svolta epocale ed essendone parzialmente cointeressato.

Ragazzi del "Black Block" durante un corteo di protesta

Ragazzi del "Black Block" durante un corteo di protesta

 Per decenni, dagli anni della contestazione dello Stato (1968 e seguenti), l’Occidente si è visto attraversare da un’onda intellettuale deviante, che solo di recente ha visto molti dei suoi aderenti o propugnatori ritrattare, avendone osservato, sul lungo termine, gli effetti dannosi che la ricreazione dall’intelletto storico ha causato.
Durante questo tempo si è affermato il concetto utopistico dell’assenza di uno Stato e di regole, della preponderanza del singolo caso sul bene comune, rifacendosi ad esempi che visibilmente e contraddittoriamente negavano tali  principi (si pensi ai regimi comunisti dell’est Europa e Asia), salvo poi rinnegare tali modelli, adducendo ulteriore contraddizione, nella pretesa di una differenza culturale di base in realtà non esistente.

Questo sistema di pensiero, radicatosi (come ho potuto constatare personalmente) nei luoghi di formazione intellettuale dei giovani (università, scuole medie e medie superiori su tutte), ha portato più di due generazioni a ritenere  normale l’assenza di ogni controllo come cosa normale, trasformando in una degenerazione patologica un concetto di fondo [utopisticamente] corretto: i nostri padri, noi e i nostri figli siamo ormai convinti di dover perseguire sempre, immancabilmente e senza eccezioni, un benessere personale a scapito di quello comune, ove la nostra realizzazione, edonisticamente, risulta superiore.
Lo stesso sistema, che da un lato ha regalato decenni di benessere diffuso, quale mai si ricorda,  ha avuto un effetto ancor più grave, che solo in questo periodo stiamo osservando compiutamente e che rischia di operare quale il grimaldello per forzare il portone della storia.

La contestazione dell’esistenza di sovrastrutture, infatti, ha condotto nei decenni appena trascorsi all’elaborazione di concetti di una liberalità alle volte eccessiva, alle volte scadente nell’autolesionismo, laddove si è fatta imperante la ricerca dell’ottimissimo sistema di governo e di leggi, che garantisse ogni fattispecie, anche quelle in contrasto con il modello cultural-ideologico occidentale.
In tal senso si sono approvate leggi che hanno ampliato oltre i limiti del tollerabile, da parte della maggioranza, la tutela di visioni minoritarie, al punto da garantire anche coloro che contro tale sistema liberale si battono: cosa apprezzata da molti intellettuali, facendo seguito alle loro masturbazioni idealistiche.
Cesare Borgia, modello de Il Principe di Macchiavelli, alla fine muore, proprio nella persecuzione delle tattiche idealizzate dal sommo intellettuale: riprova del fatto che non tutte le idee sono sempre applicabili alla vita reale.

Mussulmani in preghiera in Viale Jenner, Milano

Mussulmani in preghiera in Viale Jenner, Milano

Con questa escursione immaginaria, si arriva quindi ai giorni nostri, durante i quali ci fermiamo a osservare il grande cambiamento nella nostra società dettato dall’invasione di una cultura, portata come un bacillo infetto nelle nostre terre dalla religione che esprime. Si badi, io sono molto convinto dell’esistenza di dei (non fanno eccezzione quelli monoteistici cristiani, mussulmani e ebraici) in funzione del bisogno umano di tendere all’incognito e all’inconoscibile: essi quindi, come le religioni che ne definiscono limiti e strutture, rispecchiano la cultura che li ha creati.
Per tale motivo non mi soffermerò più di tanto a mettere in contrasto una religione contro un’altra, laddove esse sono solo la concretizzazione in scritti e tradizioni di un popolo o una cultura (nella foga ateista occidentale, in passato come nel presente, si è arrivati a definire una nuova religione statalista, avente come dio supremo il costrutto nazionale, quasi a dimostrare l’utopia del raggiungimento di tale costrutto, così come un dio rappresenta l’utopia di una religione).

L’Occidente, inteso come quell’amalgama di culture più o meno affini, derivanti da storie comuni e usi condivisi, sta suicidandosi nella negazione della propria identità religiosa, e nell’accoglienza di un’altra, quella mussulmana, che meno di altre tollera la propria riduzione nei limiti di leggi statali.
Ironicamente, laddove gli stati occidentali contestano e fortemente oppongono leggi e regole alla religione cattolica (e cristiana in genere), essi stessi risultano estremamente più tolleranti nei confronti di altre (sempre in considerazione di quella mussulmana), il cui unico scopo finale, anche lontano nel tempo, è la loro distruzione a favore di un modello teocratico e anti-liberale.

La risposta del mondo culturale, massimizzato nel suo liberalismo, è sempre stato allineato nel concedere la più estrema libertà in termini di definizione, arrivando a negare la bontà di leggi nazionali che contraessero le libertà di sovversione degli Stati stessi, come predicato da esponenti religiosi mussulmani di recente (si pensi ai casi britannici, francesi e tedeschi, dove si da piena protezione a imam che predicano la distruzione di Gran Bretagna, Francia e Germania, invece di applicare nei loro confronti le leggi nazionali, che li porterebbero in carcere per anni).
Chi si oppone a una invasione in siffatta specie viene vituperato e attaccato sul piano etico, morale e personale, rendendolo ogetto di scherno e derisione, nonché esempio di intolleranza culturale: il caso di Oriana Fallaci, osannata scrittrice e giornalista, socialista della prima ora, crocifissa da intellettuali di tutto il mondo, per la sua lotta nel riaffermare le ragioni di un mondo che le ha permesso di essere libera, è un esempio della degenerazione che l’Occidente ha metabolizzato.

Non per timore di fare la stessa fine della nota autrice, dichiaro il mio agnosticismo: visti anche i recenti fatti che hanno condotto alla crisi economica e alla distruzione di molte delle certezze, non posso certo affermare con certezza che un sistema islamico non sarebbe migliore di quello che attualmente ci governa: il punto della discussione che vorrei raggiungere, quindi, è la sottolineatura dell’ironia con la quale l’Occidente stia armando il proprio aggressore, che nella vita reale ognuno di noi, dotati del buon senso del padre di famiglia, non potrebbe non notare.

Siamo quindi ai termini di un cambiamento epocale nel nostro modo di vedere e vivere il mondo, ma tutti quanti sembrano essere interessati a guardare da un’altra parte, riducendo gli accadimenti correnti a una semplice manifestazioni di pensiero senza conseguenze.

Ricordiamoci che nella vita reale Cesare Borgia viene ucciso in un vicolo.

Written by Antonello Provenzano

9 gennaio 2009 a 2:23 PM

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