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Andy Wahrol - La famosa frase che apriva la trasmissione su MTV

Andy Wahrol - La famosa frase che apriva la trasmissione su MTV

Prendo a prestito un titolo che Andrew “Andy” Wahrol, da par suo genio, ebbe a ideare per descrivere la futura, per il suo tempo, situazione nella quale ognuno di noi avrebbe avuto “15 minuti di fama”.
Il riferimento del grande artista, che considero insieme a Roy Lichtenstein il più grande artista del secolo scorso (non me ne vogliano i dissacranti Picasso, Dufy o Duschamp), però non rientra nel senso che tale espressione ha assunto per noi oggi.

Sebbene al tempo della nascita della televisione commerciale, scevra di imposizioni governative e censure, la realtà di tutti i giorni cominciava ad essere messa in scena, scimmiottando gli atteggiamenti umani, essa si risolveva a specchio della civiltà contemporanea, magari piena di edulcorazioni e arrotondamenti delle spigolatura della dura vita moderna.
Ad oggi tale concetto ha smesso di essere vero: è cosa ben nota e forse con queste righe rischio di annoiare qualcuno e perdere del tempo a pubblicarle.

Oggigiorno infatti la presenza costante del video, prima, o del social network poi (si pensi a Facebook, MySpace, Bebo, Hi5, etc.) fa sì che la nostra vita divenga pubblica e conosciuta da tutti, sotto la molteplicità di aspetti impensati fino a poco tempo prima e fuori da ogni controllo per lo più.
Nonostante la ricerca della privacy da parte di taluni, ormai sembra utopico potere immaginare l’esistenza di qualcuno senza concepirne a lato una presenza anche mediatica: alle volte provo tenerezza per quegli amici che disperatamente si affannano a fare in modo di non comparire di qui o di là da internet al semplice video amatoriale, data la costante presenza di macchine fotografiche (per lo più presenti nei cellulari ormai: che non si perda mai nemmeno un’occasione per riprendere un avvenimento a futura memoria!), videocamere digitali supertascabili e quant’altro, che ci immortalano per poi trasferirci sugli album online di Facebook.

Gabriele Paolini - Durante una invasione televisiva al TG2

Gabriele Paolini - Durante una invasione televisiva al TG2

Vi sono poi coloro i quali, e questa è la categoria più disgraziata del nostro tempo, si sentono definiti solo in funzione della loro apparizione in video nazionale, anche solo di sfuggita; anche solo per farsi considerare da tutti gli spettatori dei penosi esempi di essere umani (date le movenze primatiche che mettono in scena per farsi notare).
Vi sono molti contendenti il trono di questo ambito regno animale: restando in territorio italiano, si va dal Paolini al Cavallo Pazzo, giungendo sino a più miseri astanti dietro l’inviato speciale di turno che si vede disturbato e infastidito, poiché non sa se da un momento all’altro un distinto signore alle sue spalle solleverà un dito medio, mortificando il suo showinismo, visto il collegamento tagliato subito dopo.

E ancora vi sono le telecamere di decine di telegiornali, proliferati in maniera incontrollata, che oscenamente presentano i particolari di un omicidio, di un’aggressione o di un fatto di cronaca (arresti, linciaggi, incidenti, etc.), lanciandosi come iene su ogni carcassa, alimentando curiosa morbosità alla ricerca di un punto in più di share e una vittoria giornaliera che l’indomani sarà già vana.

Ciodetto, non voglio scadere nella retorica revanscista di coloro i quali sostengono che “una volta si stava meglio”, o che “la società moderna ha dimenticato i veri valori di un tempo”, ovvero ancora che “la televisione commerciale ha rovinato il nostro modo di vivere”: sono tutte affermazioni sentite più volte, da più fonti di più direzioni politico-culturali differenti, che mi sento di sottoscrivere personalmente, ma che non sono né giustificative, né risolutive della situazione attuale. In verità, come in ogni società degenerata nella storia, seguendo il modello erodoteo, una rivoluzione sociale spontanea riequilibra la situazione… fino alla prossima degenrazione quantomeno…

Written by Antonello Provenzano

14 ottobre 2008 a 11:41 am

Pubblicato su generale, società

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